Lo Chef

Peppe Agliano, chef di Agliano Cucina, è un artista della gastronomia la cui passione per la cucina ha plasmato la sua carriera. Con una maestria acquisita in anni di esperienza e formazione in rinomate cucine di tutta Italia, Peppe ha guadagnato una reputazione per la sua creatività audace e la padronanza delle tecniche culinarie.

chef per sentimento

Peppe Agliano

Classe 1974. Siciliano di Erice, un eremo a picco sul mare merlato, dalle mura che chiudono un antico borgo e il suo castello medievale che guarda il Mediterraneo tra le isole Egadi e le Saline, e in lontananza, i vigneti che si distendono a perdita d’occhio sulle colline del trapanese che mutano i propri colori con le stagioni fino ad appassire con la fine della vendemmia.

Agliano è un siciliano radicato sulla sua terra, questo triangolo galleggiante ancorato alla terra ferma al quale è legato tanto per nascita quanto per sentimento, ma con un anima fluttuante, vagante da un posto all’altro che alla fine torna sempre a casa perché soltanto qui si sente veramente felice, o almeno ha la sensazione di esserlo.

La felicità per uno chef? Per un sanguigno come lui è una questione di sentimento, di trasporto, l’incessante desiderio di trasformare ciò che dovrebbe solo nutrirci in qualcosa che susciti sensazioni, che emozioni, un qualcosa dentro il quale è possibile sentire un’altra felicità, quella sensitiva che solo il gusto e l’olfatto possono dare.

Più che di inizi, per Agliano si è trattato di una vera iniziazione. Una vocazione quindi, non un colpo di fulmine o un amore improvviso tra lui e i fornelli, semmai una scelta di vita obbligata perché è divenuta il suo modo di essere.

Sentire i profumi degli ingredienti, assaggiarli quando la loro freschezza è ancora intatta,  esaltarne le qualità intrinseche pensando a come poterle trasformare senza negarne il valore nutritivo ed equilibrando la propria creatività con il rispetto che ogni elemento costituente una preparazione merita.

L’unicità di una preparazione di Agliano sta nella sua completezza, nella capacità di rendere merito ad ognuno degli aspetti che compongono un piatto: sapori, aromi, odori, estetica, storia.

Ogni piatto racconta necessariamente una storia, perché i suoi ingredienti hanno un trascorso. Un trascorso che gli da la natura, la loro provenienza. Il racconto di un piatto inizia tra le mani di qualcuno che ne ha coltivato gli elementi, passa dalle mani di qualcun altro che li ha trasformati, per arrivare al palato dove il percorso si conclude.

Per questo gli è impossibile credere che l’arte culinaria possa restringersi ad una sperimentazione per mera funzione innovativa, per moda o tendenza, non può ridursi esclusivamente a questo ciò che nasce con l’uomo e per lo stesso contempla la duplice funzione sia di nutrimento che di appagamento.

Sicuramente la cucina va al passo con i tempi, con l’evoluzione dei costumi, ma la sua funzione deve essere di accompagnamento alla società, la deve gratificare, deve essere uno specchio trasverso nel quale si riflettono le nuove condizioni in cui il mondo di volta in volta si trova.

Ma la cucina è per Agliano, innanzitutto,  una questione di profonda conoscenza generata dallo studio, dalla ricerca, dalla capacità di conservare l’umiltà nel proprio lavoro considerandolo sempre come un punto di partenza e mai di arrivo e, come tale, la differenza tra un piatto eccezionale ed uno mediocre, sta nella cura e nella ricerca che si adoperano su esso.

Agliano si sente ambasciatore di una cultura che per retaggio è assimilabile all’arte, l’arte del gusto che rappresenta in un piatto una tavolozza dove, oltre ai colori, si sprigionano quei sentori attraverso i quali l’animo viene colpito nel suo profondo.

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